Programma di Unità Operativa per la diagnosi e le terapie innovative delle leucemie acute e sindromi mielodisplastiche



Homepage Patologie Programma di Unità Operativa per la diagnosi e le terapie innovative delle leucemie acute e sindromi mielodisplastiche

Responsabile scientifico:
Dr. Antonio Curti
Dirigente Medico U.O.C Ematologia, IRCCS AOU di Bologna - Policlinico di Sant’Orsola.

Il gruppo clinico e di ricerca ha come obiettivo la diagnosi e la cura dei pazienti con:

  • leucemie acute mieloidi
  • leucemie acute linfoidi
  • sindromi mielodisplastiche
  • aplasie midollari
  • mastocitosi

Il team è strutturato in un gruppo clinico-assistenziale e in un gruppo coinvolto nella progettazione e gestione degli studi clinici.

Il gruppo clinico-assistenziale e di ricerca clinica è composto da 6 medici specialisti in Ematologia, 2 medici in formazione specialistica e un gruppo “progettazione e gestione studi clinici” composto da 5 study coordinator/data manager.

Leucemia Acuta Mieloide (LAM)

La LAM prende origine da una cellula staminale, già orientata verso la linea mieloide. Gli eventi neoplastici, la cui causa è per lo più non nota e che colpiscono la cellula staminale bloccano la normale maturazione delle cellule causando l’accumulo di cellule blastiche prima nel midollo e successivamente nel sangue periferico come anche in organi e tessuti extramidollari.

Diagnosi

La sintomatologia di esordio della Leucemia Acuta Mieloide (LAM) è, da una parte, dovuta alla deficitaria produzione di cellule mature circolanti (astenia, affaticabilità, pallore dovuti all’anemia da ridotta produzione di eritrociti – infezioni dovute alla ridotta produzione di granulociti neutrofili – emorragie dovute alla ridotta produzione piastrinica) e dall’altra legata alla espansione del clone leucemico che provoca infiltrazione dei tessuti periferici e liberazione di citochine responsabili di febbre, sudorazione profusa, dolori osteo-artralgici, calo ponderale. Per la diagnosi di LAM è indispensabile l’osservazione del sangue periferico e del midollo osseo per aspirazione e biopsia. Lo studio delle alterazioni cromosomiche e molecolari è necessario per la formulazione prognostica e per la scelta della terapia di prima linea.

Terapia

Per la maggior parte dei pazienti con LAM, che non presentano delle controindicazioni legate alla età avanzata o alla concomitanza di altre patologie (comorbidità), che rendono fragile il paziente, la terapia di prima linea è costituita dall’associazione di farmaci chemioterapici, somministrati mediante un numero variabile di cicli, per lo più a cadenza mensile (terapia di induzione e consolidamento). In alcuni casi, le analisi citogenetico-molecolari possono evidenziare alterazioni, per le quali la terapia di prima linea comprende farmaci “mirati”, rivolti verso specifiche mutazioni. È questo il caso della leucemia a promielociti, caratterizzata dalla presenza della traslocazione (15;17), per cui il farmaco principale è costituito dall’acido trans-retinoico (ATRA) e delle LAM caratterizzate dalla mutazione del gene FLT3, per cui sono presenti farmaci che vanno ad agire sulla mutazione, quali midostaurina. La caratterizzazione citogenetica e molecolare consente di stratificare i pazienti in base a categorie di rischio (basso, intermedio, alto), per cui, una volta eseguita la chemioterapia di induzione e consolidamento, si può prendere in considerazione la possibilità/opportunità di avviare il paziente al trapianto di cellule staminali allogeniche da donatore. Tale scelta è sempre il frutto di un’attenta valutazione, che contempera il rischio trapiantologico e le caratteristiche della malattia alla diagnosi, nonché la risposta alle precedenti terapie. Su questo ultimo punto, la valutazione del tipo e del grado di profondità di risposta ottenuta durante e dopo la chemioterapia (malattia minima residua). sta emergendo come parametro decisionale.

I pazienti anziani che presentano comorbidità generalmente non sono candidati a ricevere chemioterapia. La recente disponibilità di farmaci, quali agenti demetilanti utilizzati in monoterapia o in combinazione con altri farmaci, quali venetoclax, ha reso possibile la terapia anche dei pazienti anziani affetti da LAM con risultati importanti in termini di prolungamento della sopravvivenza e come miglioramento della qualità della vita.

Per i pazienti in fase di ricaduta e/o resistenti alla chemioterapia convenzionale, il percorso terapeutico è differenziato, valutato caso per caso e può contemplare l’accesso a terapie di tipo sperimentale.

Leucemia acuta Linfoblastica (LAL)

Prende origine dalla trasformazione neoplastica di un precursore della linfocitopoiesi B o T e produce un accumulo di linfoblasti leucemici che sostituiscono la normale emopoiesi midollare, invadono il sangue periferico e infiltrano organi e tessuti linfoidi ed extralinfoidi quali il sistema nervoso centrale, i testicoli e le ossa.

Diagnosi

Le LAL vengono classificate sulla base della linea B o T della cellula da cui prendono origine. Per la diagnosi di LAL vengono sempre esaminati il sangue periferico ed il midollo osseo per aspirazione e biopsia. Lo studio delle alterazioni cromosomiche e molecolari è indispensabile per la formulazione prognostica e per la più adeguata scelta della terapia di prima linea. Un sottotipo particolare di LAL è quella che presenta la traslocazione tipica della leucemia mieloide cronica, ovvero la traslocazione 9;22 (cromosoma Philadelphia), che produce il gene di fusione BCR/ABL (LAL Philadelphia-positiva); è l’alterazione genomica più frequente nella LAL dell’adulto e la sua frequenza aumenta con il crescere dell’età.

Terapia

Come nella LAM, sebbene con importanti differenze per quanto riguarda il tipo di farmaci e la loro combinazione, nei pazienti con LAL che non presentano controindicazioni legate alla età avanzata o alla concomitanza di altre patologie (comorbidità), la strategia terapeutica si basa su cicli di chemioterapia, volti ad ottenere la remissione completa della malattia. In base all’andamento della risposta, alla presenza di fattori biologici di alto rischio alla diagnosi e/o alla persistenza di una malattia minima residua dopo i cicli di chemioterapia, si pone l’indicazione al trapianto allogenico di cellule staminali da donatore. Le forme di LAL positive per il cromosoma Philadelphia seguono un trattamento differente, basato sull’impiego di farmaci specifici e mirati a bloccare l’azione del gene di fusione BCR/ABL.

Per i pazienti anziani la terapia chemioterapica è necessariamente ridotta, in considerazione dell’elevato rischio di tossicità. Approcci personalizzati e sperimentali rappresentano la strategia più adeguata per questi pazienti.

Per i pazienti in fase di ricaduta e/o resistenti alla chemioterapia convenzionale, il percorso terapeutico è differenziato, valutato caso per caso e può contemplare l’accesso a terapie di recente introduzione, quali gli anticorpi monoclonali (Inotuzumab ozogamicin e Blinatumomab) o l’utilizzo di strategie di immunoterapia adottiva quali l’impiego di linfociti CAR (ma solo in pazienti di età inferiore ai 25 anni) e l’utilizzo di terapie sperimentali.

Sindromi mielodisplastiche (SMD)

Le sindromi mielodisplastiche costituiscono un gruppo di malattie ematologiche caratterizzate da una emopoiesi clonale (neoplastica), da una o più citopenie (anemia e/o neutropenia e/o piastrinopenia) e difettiva capacità maturativa della mielopoiesi.

Diagnosi

La diagnosi viene sospettata in caso di citopenia che riguardi una o più linee mieloidi, mentre la clinica può essere del tutto assente. Se presente, la clinica è quella delle citopenie presenti.

L’esame citologico del sangue periferico e l’esame citologico ed istologico del midollo osseo sono indispensabili per porre la diagnosi. In particolare, il quadro midollare deve mostrare alterazioni a carico dei precursori della mielopoiesi e può associarsi ad un eccesso di precursori blastici pari ad almeno il 10% e non superiore al 20%. Altra indagine indispensabile a fine prognostico positivo è la valutazione della presenza di emosiderina all’interno degli eritroblasti, che porta alla formazione degli eritroblasti a corolla. Pur non esistendo alterazioni citogenetiche identificative delle MDS, è tuttavia ben nota la correlazione esistente tra determinati fenotipi clinici di MDS e specifici difetti cromosomici ricorrenti, quali la presenza della delezione parziale del braccio lungo del cromosoma 5 (5q-) che caratterizza un’entità clinico-ematologica denominata sindrome del 5q-. L’esame delle caratteristiche citogenetiche permette di classificare il cariotipo a seconda del rischio evolutivo in leucemia acuta, distinguendo cinque classi: molto favorevole, favorevole, intermedio, sfavorevole e molto sfavorevole.

Terapia

Per i pazienti asintomatici e a basso rischio di evoluzione la strategia indicata è quella osservazionale eventualmente associata alla somministrazione di fattore di crescita dell’eritropoiesi (Eritropoietina) e/o supporto emotrasfusionale e/o profilassi antimicrobica in caso di neutropenia, in quanto non esiste evidenza che il precoce inizio di una terapia di controllo della malattia possa migliorare la sopravvivenza. Nei pazienti con sindrome del 5q-, l’impiego di lenalidomide, farmaco con attività di immunomodulazione in grado di inibire in modo selettivo le linee cellulari con delezione 5q, si associa spesso ad un importante beneficio clinico, producendo un miglioramento del quadro di anemia con riduzione del ritmo trasfusionale fino alla indipendenza dalle trasfusioni.

Per i pazienti non-5q- sintomatici e a basso rischio evolutivo trova indicazione la terapia scarsamente aggressiva, che comprende l’utilizzo degli agenti demetilanti, immunosoppressivi e nuovi farmaci con bersaglio genetico-molecolare, associati all’utilizzo di fattori di crescita quali eritropoietina e a terapia di supporto. Inoltre, nei pazienti adulti con anemia trasfusione dipendente dovuta a sindrome mielodisplastica (SMD) a rischio molto basso, basso e intermedio, che presentano sideroblasti ad anello con risposta insoddisfacente o non idonei a terapia basata su eritropoietina, è indicata la terapia con Luspatercept, un farmaco di recente approvazione che blocca gli inibitori dell'eritropoiesi della superfamiglia del fattore di crescita trasformante beta (TGF-beta).

Per i soggetti ad elevato rischio evolutivo, quando età e condizione clinica generale identifichino il paziente quale eleggibile ad una terapia a scopo eradicante la malattia, il trapianto di cellule staminali allogeniche è la scelta più appropriata. In caso di non eleggibilità al trapianto, la terapia si basa sull’impiego di farmaci ad azione demetilante, prevalentemente azacitidina, che hanno lo scopo di riprogrammare la mielopoiesi displastica migliorando la produzione midollare. Terapie sperimentali e nuovi farmaci trovano indicazione in questa categoria di pazienti, caratterizzati da un elevato rischio di evoluzione in leucemia acuta.

Aplasie midollari

L’aplasia midollare è una patologia caratterizzata da una marcata riduzione, fino all’assenza, di tessuto emopoietico midollare, senza infiltrazione neoplasica. Le aplasie midollari possono essere congenite o acquisite. Fra le forme congenite di aplasia midollare la più conosciuta e studiata è l’anemia di Fanconi. Le aplasie midollari acquisite possono essere idiopatiche o secondarie. Gli agenti eziologici responsabili di queste ultime possono essere: agenti chimico-fisici che inducono un danno con meccanismo dose-dipendente (radiazioni ionizzanti, benzolo e derivati, farmaci antiblastici); farmaci occasionalmente associati ad aplasia midollare; infezioni virali; malattie immuni.

Diagnosi

La mielobiopsia, la biopsia ossea e lo studio del cariotipo conducono alla diagnosi di aplasia midollare. Lo studio citogenetico deve sempre essere eseguito, in quanto necessario per escludere un’anemia di Fanconi. Inoltre, poiché la diagnosi differenziale fra aplasia e mielodisplasia ipoplastica può essere difficile, l’evidenziazione di un’anomalia del cariotipo caratteristica delle mielodisplasie (es.: delezioni del cromosoma 5, monosomia del 7, trisomia dell’8) è molto importante.

Terapia

La terapia dell’aplasia midollare si si fonda su tre momenti fondamentali:

  1. l’eliminazione dell’agente eziologico sospettato;
  2. la terapia di supporto, soprattutto trasfusionale e anti-infettiva;
  3. la terapia atta a ripristinare la mielopoiesi, tra cui terapie immunosoppressive (corticosteroidi, siero antilinfocitario, ciclosporina A) e il trapianto di midollo osseo singenico o allogenico.

Mastocitosi

La mastocitosi è una patologia rara caratterizzata dalla proliferazione, causata dalla mutazione D816V del gene c-kit e dall’accumulo di un particolare tipo di cellule – i mastociti – in diversi tessuti e organi quali la cute, il midollo osseo, il fegato, la milza, il tratto gastroenterico ed i linfonodi. Si distinguono le seguenti forme: 1) Mastocitosi cutanea, che appresenta circa l'80% dei casi, e colpisce soprattutto i bambini, con tendenza a regredire spontaneamente durante l'adolescenza; 2) Mastocitosi Sistemica: quando i mastociti, oltre che nella cute, si localizzano anche in altri organi.

Diagnosi

La mastocitosi viene diagnosticata frequentemente in seguito all’insorgenza delle lesioni cutanee associate alla malattia. Laddove tali lesioni siano assenti, la presenza di altri segni o sintomi, quali astenia, calo ponderale, dolori ossei, versamento ascitico, fratture spontanee, possono portare a diagnosticare tale patologia, spesso dopo molti anni dai primi sintomi. I quadri clinici più frequenti di mastocitosi sistemica sono rappresentati da: presenza di lesioni cutanee (spesso nell’adulto associate a interessamento sistemico midollare), osteoporosi severa, shock anafilattici con rilascio di mediatori (anche dopo puntura di imenotteri).

Il work-up diagnostico prevede: esami ematici standard, il dosaggio della triptasi sierica, la biopsia osteomidollare con analisi immunofenotipica, citogenetica e molecolare (ricerca mutazione D81V del gene c-kit), esami strumentali (Rx scheletro in toto, densitometria ossea, ecografia addominale). L’approccio alla patologia è multidisciplinare, coinvolgendo l’expertise non solo dell’ematologo, ma anche di allergologo, dermatologo, reumatologo e gastroenterologo.

Terapia

La terapia della mastocitosi indolente mira al controllo dei sintomi, raggiungibile con l’utilizzo di farmaci che inibiscono il rilascio di mediatori (antiistaminici, gastroprotettori, stabilizzanti di membrana).Nelle forme avanzate, vi è indicazione all’utilizzo di inibitori tirosino chinasici, alcuni dei quali approvati dal SSN (Midostaurina) ed altri in sperimentazione clinica (Avapritinib, Masitinib), che inibiscono selettivamente il gene c-kit, coinvolto nella patogenesi della malattia. Alcuni pazienti con mastocitosi sistemica possono presentare reazioni anafilattiche potenzialmente fatali. L'adrenalina è un farmaco salvavita in questi casi, quindi tutti i pazienti devono avere sempre con sé un dispositivo per l'autoiniezione di adrenalina da usare in caso di emergenza.

La gestione multidisciplinare e multi-professionale dei pazienti ematologici è riconosciuta quale l’approccio in grado di assicurare la migliore presa in carico in tutte le fasi della malattia, migliorare la risposta e la compliance ai trattamenti e favorire il tempestivo accesso a terapie di supporto e a programmi di riabilitazione. Per questo, all’interno dell’IRCCS il gruppo lavora in collaborazione con altri specialisti (cardiologi, oncologi, radiologi, anestesisti, geriatri, patologi, farmacisti), favorendo uno scambio di dati e informazioni che agevolano il percorso diagnostico-terapeutico del paziente. Per la gestione dei pazienti con mastocitosi è presente un gruppo multidisciplinare di specialisti (dermatologi, allergologi, pneumologi, reumatologi), che, in sinergia con il gruppo dell’ematologia, segue le varie fasi del processo diagnostico, terapeutico e di follow-up.

Molto importante è la collaborazione tra il gruppo clinico e il team medico-infermieristico dell’assistenza domiciliare ematologica di BolognAIL. In molte fasi del proprio percorso terapeutico, il paziente, in particolare con leucemia acuta e sindrome mielodisplastica, necessita di essere assistito fuori dall’ospedale attraverso una rete di servizi, che garantiscano a domicilio le cure fondamentali (terapia antibiotica, chemioterapia per via orale) e di supporto, in particolare di tipo trasfusionale.

Collaborazioni a livello nazionale e internazionale

Il gruppo ha collaborazioni attive con i maggiori gruppi nazionali ed internazionali quali il GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’ Adulto), il GITMO ( Gruppo Italiano per il Trapianto del Midollo Osseo), la SIE ( Società Italiana di Ematologia), la SIES ( Società Italiana di Ematologia Sperimentale), la FISiM (Fondazione Italiana Sindromi Mielodisplastiche), il PBMT ( Perioperative Blood Management Technologist ), International Working Group for Prognosis in MDS (IWG-PM), un gruppo internazionale di ricerca promosso dalla “MDS Foundation” in collaborazione con il Memorial Sloan Kettering Institute (NY, USA), il progetto Eurobloodnet nell’ambito dell’ERN (European Reference Network) per le Malattie Rare, contribuendo alla stesura di linee guida e report. Il gruppo di Bologna è partner del progetto Harmony (per lo studio sul ruolo degli agenti ipometilanti nei pazienti con MDS ad alto rischio) e del progetto Harmony Plus, ai quali contribuisce con il suo patrimonio del Registro MDS. Sono, inoltre, attive collaborazioni scientifiche sia di tipo clinico che preclinico con ricercatori nazionali e internazionali, nell’ambito della ricerca di nuovi bersagli terapeutici (terapie “target”), di nuove strategie di tipo immunologico (immunoterapia) per la cura della leucemia e dell’identificazione del ruolo che il microambiente leucemico ha nello sviluppo della leucemia acuta.

Per garantire ai pazienti terapie con i farmaci più moderni, spesso non ancora disponibili in commercio, mantenendo uno standard terapeutico e assistenziale costantemente elevato, il gruppo è impegnato nella conduzione di trials clinici non sponsorizzati e sponsorizzati da aziende farmaceutiche monocentrici e multicentrici di fase I, II, III. Sono inoltre attivi alcuni studi tissutali, osservazionali e interventistici di tipo spontaneo.

Per quanto riguarda gli studi tissutali, è attivo il protocollo Haemaomics (Genomica, Metabolomica, Trascrittomica e Studio della Risposta Farmacologica in vitro di Neoplasie Ematologiche), di cui l’UO Ematologia è promotore, il cui obiettivo è di identificare biomarkers che possano svolgere un ruolo importante nella definizione della patogenesi, evoluzione, sensibilità farmacologica e prognosi delle principali malattie ematologiche. Sono, inoltre, attivi studi tissutali a supporto dell’attività traslazionale del laboratorio di ricerca volti a caratterizzare il ruolo del microambiente stromale e immunologico delle leucemie acute mieloidi e delle sindromi mielodisplastiche.

Per quanto riguarda gli studi osservazionali, sono attivi alcuni protocolli di registro epidemiologico sulle leucemie acute e in particolare sulle sindromi mielodisplastiche. Tra questi, si segnala il Registro Nazionale delle sindromi mielodisplastiche (MDS) che comprende la Rete dei Registri Regionali delle MDS, a cui afferisce il Registro Regionale che coinvolge tutti i Centri Ematologici della Regione Emilia-Romagna, e che ha l’obiettivo di creare un archivio elettronico delle MDS nella Regione Emilia-Romagna.

Per quanto riguarda gli studi interventistici di tipo spontaneo, si segnalano due studi volti a valutare la fattibilità e l’efficacia clinica di una strategia di immunoterapia adottiva con cellule Natural Killer allo-reattive sia nel consolidamento di pazienti anziani, che abbiano ottenuto la remissione completa, non idonei a trapianto di cellule staminali allogeniche sia come terapia della malattia minima residua in pazienti candidati a trapianto allogenico.

L’attività di ricerca traslazionale del gruppo è indirizzata in particolare allo studio dei meccanismi immunologici di regolazione della risposta immune alle leucemie acute, alla caratterizzazione del microambiente leucemico e all’applicazione traslazionale e terapeutica di innovative strategie di terapia molecolare e di immunoterapia. In particolare, per quanto riguarda le LAL, sono attivi progetti traslazionali volti a caratterizzare i meccanismi molecolare e funzionali di resistenza agli anticorpi monoclonali, quali Blinatumomab e Inotuzumab.

Nella ricerca traslazionale negli ultimi anni sono stati ottenuti finanziamenti nell’ambito di bandi competitivi per i seguenti progetti di ricerca:

  • Progetto di ricerca nell’ambito del Bando Ricerca Finalizzata 2013 del Ministero della Salute “Multicenter phase II clinical study of adoptive immunotherapy with alloreactive NK cells as consolidation strategy for elderly acute myeloid leukemia patients” (2016-2019) (Responsabile del Progetto: Dr. Curti)
  • Progetto di ricerca finanziato da Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro (AIRC), bando Investigational Grant (IG) 2017 “Targeting the link between immunogenic cell death and IDO-mediated tolerance induction in acute myeloid leukemia” (2017-on going) (Responsabile del Progetto: Dr. Curti)
  • Progetto di ricerca nell’ambito del Bando di Ricerca Finalizzata 2016 del Ministero della salute “Adoptive immunotherapies with regulatory and conventional T cells and/or Natural Killer cells: safe and effective strategies to minimize the risk of leukemia relapse after allogeneic hematopoietic stem cell transplantation (2019-ongoing) (Responsabile di Unità Operativa: Dr. Curti)
  • Progetto di ricerca nell’ambito del Bando di Ricerca Finalizzata Regione-Università del Ministero della salute 2020 “Integrative “omics” approaches for leukemia target identification and matched therapeutic intervention” (2021-ongoing) (Responsabile di Unità Operativa. Dr. Curti)